Lavoro profondo
27/05/25
In un ecosistema sempre più frenetico, trovare il tempo utile per un lavoro profondo, di qualità e senza interruzioni è un’esperienza eccezionale. Il 56% delle persone in Italia si sente stressata dalla mancanza di tempo e 1 su 2 denuncia una vita troppo affrettata. Il 61% dichiara di avere poco tempo libero, mentre il 46% vede la gestione del proprio tempo come un simbolo di successo. Questo dimostra come la nostra società sia permeata dalla cronopenia, ovvero la sensazione costante di non avere abbastanza tempo per ciò che si vorrebbe o si dovrebbe fare. La pressione sociale ci porta a confondere il valore del lavoro con la sua mera quantità, alimentando una cultura dell' iperproduttività che spesso si traduce in inefficienza e stress.
Lo stress e il sovraccarico di lavoro sono spesso erroneamente interpretati come segnali di impegno e professionalità. Molte persone si sentono obbligate a dimostrare il proprio valore attraverso una continua reperibilità e una visibilità costante. Questa mentalità nel concreto porta a un sovraccarico cronico che erode il benessere psicofisico, aumentando il rischio di problemi di salute. Nel nostro Paese 8 persone su 10 sono a rischio burn-out, il 76% ne manifesta almeno un sintomo e il 31,8% vive una condizione di percepito esaurimento dell’energia necessaria per governare questioni complesse.
L’atteggiamento always on è legato all’effetto dopamina, un neurotrasmettitore che regola il senso di gratificazione e ci spinge a ricercare continuamente stimoli digitali. La fruizione costante di messaggi di posta, notifiche e chat aziendali genera una dipendenza simile a quella dei social media, creando un'illusione di produttività che in realtà frammenta l'attenzione e riduce la capacità di concentrarsi su attività di valore. Questo fenomeno, unito alla cultura dello show-off e alla pratica delle riunioni disfunzionali, alimenta il desiderio di validazione esterna, portando a un ciclo di lavoro incessante e poco produttivo. Il risultato è un impatto negativo sull'autostima personale e collettiva, sul clima aziendale e sulla stabilità delle squadre nelle organizzazioni, con un turnover legato anche al desiderio di disconnessione che in Italia ha raggiunto il 34%.
Se le conseguenze del burn-out sul benessere sono evidenti, meno visibile è l'impatto sulla produttività. L'ossessione per l'attività costante diminuisce l'efficienza e la qualità del lavoro, poiché vengono a mancare gli slot necessari per un lavoro di concentrazione profonda. È quindi fondamentale creare spazi di lavoro che favoriscano la concentrazione e il pensiero e pianificare momenti di disconnessione per garantire un livello qualitativo elevato nel lavoro svolto. Alcune aziende stanno sperimentando soluzioni innovative, come le Deep Work Hours, finestre temporali in cui non sono ammesse riunioni o interruzioni digitali, per permettere alle persone di lavorare senza distrazioni.
Lo stress e il sovraccarico di lavoro sono spesso erroneamente interpretati come segnali di impegno e professionalità. Molte persone si sentono obbligate a dimostrare il proprio valore attraverso una continua reperibilità e una visibilità costante. Questa mentalità nel concreto porta a un sovraccarico cronico che erode il benessere psicofisico, aumentando il rischio di problemi di salute. Nel nostro Paese 8 persone su 10 sono a rischio burn-out, il 76% ne manifesta almeno un sintomo e il 31,8% vive una condizione di percepito esaurimento dell’energia necessaria per governare questioni complesse.
L’atteggiamento always on è legato all’effetto dopamina, un neurotrasmettitore che regola il senso di gratificazione e ci spinge a ricercare continuamente stimoli digitali. La fruizione costante di messaggi di posta, notifiche e chat aziendali genera una dipendenza simile a quella dei social media, creando un'illusione di produttività che in realtà frammenta l'attenzione e riduce la capacità di concentrarsi su attività di valore. Questo fenomeno, unito alla cultura dello show-off e alla pratica delle riunioni disfunzionali, alimenta il desiderio di validazione esterna, portando a un ciclo di lavoro incessante e poco produttivo. Il risultato è un impatto negativo sull'autostima personale e collettiva, sul clima aziendale e sulla stabilità delle squadre nelle organizzazioni, con un turnover legato anche al desiderio di disconnessione che in Italia ha raggiunto il 34%.
Se le conseguenze del burn-out sul benessere sono evidenti, meno visibile è l'impatto sulla produttività. L'ossessione per l'attività costante diminuisce l'efficienza e la qualità del lavoro, poiché vengono a mancare gli slot necessari per un lavoro di concentrazione profonda. È quindi fondamentale creare spazi di lavoro che favoriscano la concentrazione e il pensiero e pianificare momenti di disconnessione per garantire un livello qualitativo elevato nel lavoro svolto. Alcune aziende stanno sperimentando soluzioni innovative, come le Deep Work Hours, finestre temporali in cui non sono ammesse riunioni o interruzioni digitali, per permettere alle persone di lavorare senza distrazioni.
Le nuove generazioni stanno manifestando esigenze diverse rispetto al passato. Se un tempo la popolazione più giovane desiderava lavorare più ore rispetto a quella senior, oggi le aspettative si sono invertite. Secondo il Fondo Monetario Internazionale e un report Deloitte, l’80% della Generazione Z dà priorità alla salute mentale e al benessere, cercando aziende che offrano supporto psicologico e politiche per un migliore equilibrio tra vita e lavoro. Questa generazione si aspetta inoltre che l'intelligenza artificiale possa liberare tempo prezioso, consentendo un miglior bilanciamento tra produttività e benessere. Tuttavia, senza una cultura aziendale che valorizzi il lavoro profondo, l'IA rischia di diventare solo un altro strumento per intensificare il carico di lavoro invece di ridurlo. Saremo in grado di usare sapientemente il tempo liberato dall’IA?
Per ripristinare la pratica del lavoro profondo, è necessario rompere il circolo vizioso del “sempre connessi” e tornare ai fondamenti della gestione del tempo. Ciò implica la capacità di distinguere tra attività urgenti e importanti, una pianificazione efficace e la condivisione di programmi di lavoro chiari. Rispettare il tempo personale è cruciale: considerare l’impatto di un messaggio inviato la domenica sera invece che il lunedì mattina o adottare policy sugli orari delle riunioni può fare la differenza. Anche piccoli accorgimenti, come la consegna posticipata della posta inviata in orari non canonici, possono migliorare la gestione del tempo e il benessere lavorativo. In questo senso le imprese possono promuovere strumenti e metodologie che aiutino a creare barriere protettive contro le continue distrazioni, come le quiet zones in ufficio o il diritto alla disconnessione.
Lo smart working, spesso frainteso come semplice lavoro da remoto, può diventare uno strumento per favorire il lavoro profondo se gestito correttamente. Tuttavia, se le persone praticano un aumento delle pratiche di multitasking e fanno un uso simultaneo di dispositivi, rischia di alimentare una pseudoproduttività dannosa. Alcuni studi dimostrano che il multitasking riduce l'efficienza cognitiva e può abbassare fino al 40% la produttività rispetto al lavoro focalizzato su un singolo compito alla volta. Lavorare in modo profondo significa contrastare la cultura della superficialità, dove la performance viene vissuta come una sensazione o una vibrazione piuttosto che come la capacità di ottenere risultati solidi e sostenibili.
Creare una cultura del lavoro basata sulla qualità, piuttosto che sulla mera quantità di ore impiegate, è essenziale per il benessere individuale e organizzativo. Promuovere una gestione consapevole del tempo significa garantire maggiore concentrazione, produttività e apprendimento, trasformando le organizzazioni in ambienti più sani ed efficienti. Solo così potremo recuperare il valore del tempo e dare spazio alla creatività, all'innovazione e alla crescita professionale. Ripensare la produttività in questi termini non è solo una necessità per il benessere delle persone, ma un vantaggio competitivo per le imprese che hanno bisogno di attrarre e trattenere talento in un mercato del lavoro in rapida trasformazione. È la ricerca di tempo profondo la pratica che, oltre ogni pregiudizio, può unire le generazioni.
Per ripristinare la pratica del lavoro profondo, è necessario rompere il circolo vizioso del “sempre connessi” e tornare ai fondamenti della gestione del tempo. Ciò implica la capacità di distinguere tra attività urgenti e importanti, una pianificazione efficace e la condivisione di programmi di lavoro chiari. Rispettare il tempo personale è cruciale: considerare l’impatto di un messaggio inviato la domenica sera invece che il lunedì mattina o adottare policy sugli orari delle riunioni può fare la differenza. Anche piccoli accorgimenti, come la consegna posticipata della posta inviata in orari non canonici, possono migliorare la gestione del tempo e il benessere lavorativo. In questo senso le imprese possono promuovere strumenti e metodologie che aiutino a creare barriere protettive contro le continue distrazioni, come le quiet zones in ufficio o il diritto alla disconnessione.
Lo smart working, spesso frainteso come semplice lavoro da remoto, può diventare uno strumento per favorire il lavoro profondo se gestito correttamente. Tuttavia, se le persone praticano un aumento delle pratiche di multitasking e fanno un uso simultaneo di dispositivi, rischia di alimentare una pseudoproduttività dannosa. Alcuni studi dimostrano che il multitasking riduce l'efficienza cognitiva e può abbassare fino al 40% la produttività rispetto al lavoro focalizzato su un singolo compito alla volta. Lavorare in modo profondo significa contrastare la cultura della superficialità, dove la performance viene vissuta come una sensazione o una vibrazione piuttosto che come la capacità di ottenere risultati solidi e sostenibili.
Creare una cultura del lavoro basata sulla qualità, piuttosto che sulla mera quantità di ore impiegate, è essenziale per il benessere individuale e organizzativo. Promuovere una gestione consapevole del tempo significa garantire maggiore concentrazione, produttività e apprendimento, trasformando le organizzazioni in ambienti più sani ed efficienti. Solo così potremo recuperare il valore del tempo e dare spazio alla creatività, all'innovazione e alla crescita professionale. Ripensare la produttività in questi termini non è solo una necessità per il benessere delle persone, ma un vantaggio competitivo per le imprese che hanno bisogno di attrarre e trattenere talento in un mercato del lavoro in rapida trasformazione. È la ricerca di tempo profondo la pratica che, oltre ogni pregiudizio, può unire le generazioni.