Facciamo che si può fare: oltre la povertà come colpa
20/01/25
L’aporofobia, termine coniato dalla filosofa Adela Cortina, descrive il rifiuto o il disprezzo nei confronti dei poveri e di chi ha meno risorse. Questo atteggiamento, che può essere sia conscio che inconscio, contribuisce a una visione distorta, dove la ricchezza è vista come un merito e la povertà come una colpa. Un fenomeno che ha radici profonde nella cultura meritocratica, che tende a colpevolizzare chi non ha avuto le stesse opportunità.
Le imprese hanno il compito di rimuovere le barriere invisibili che alimentano l'aporofobia. Il cambiamento culturale che permette di superare questi pregiudizi non solo è necessario, ma è anche un'opportunità. Quando selezioniamo una persona per un ruolo in azienda, possiamo prendere decisioni influenzate da criteri sociali e culturali, talvolta inconsci. Il profilo di una persona che ha vissuto in una grande città, ha studiato in un'università privata o veste abiti di brand di lusso potrebbe risultare più interessante. Le organizzazioni spesso attribuiscono più valore a un giovane che ha viaggiato e frequentato destinazioni esclusive, assumendo che queste esperienze lo rendano più adatto a lavorare in contesti referenziati.
Questi fenomeni riflettono un pregiudizio che, seppur non sempre esplicito, contribuisce a un processo di selezione che favorisce chi proviene da contesti sociali più agiati. Le persone provenienti da famiglie meno abbienti, che non hanno avuto le stesse opportunità di studiare o frequentare ambienti elitari, spesso si trovano svantaggiate nel mondo del lavoro pur avendo talento e motivazione.
Questo divario, che riflette una forma di discriminazione sociale, evidenzia un problema che va oltre la mera opportunità economica: è una questione di accesso ai codici sociali e culturali e alle reti che determinano l'ascesa nel mondo professionale.
L’ascensore sociale, una volta simbolo di emancipazione e crescita, sembra essersi inceppato. Le aziende possono valorizzare persone provenienti da contesti diversi, senza lasciarsi influenzare da codici sociali esclusivi, e contribuire a un mondo del lavoro più equo e veramente meritocratico. Il ridisegno dei processi HR è un passaggio fondamentale.
L’ascensore sociale, una volta simbolo di emancipazione e crescita, sembra essersi inceppato. Le aziende possono valorizzare persone provenienti da contesti diversi, senza lasciarsi influenzare da codici sociali esclusivi, e contribuire a un mondo del lavoro più equo e veramente meritocratico. Il ridisegno dei processi HR è un passaggio fondamentale.