Facciamo che si può fare: prepararsi all’emergenza
06/01/25
Nel mondo moderno, la resilienza di un'azienda è minacciata da una serie di fattori esterni e interni che, se non gestiti correttamente, possono affondare anche le realtà più solide. L'imprevedibilità e la velocità del cambiamento, alimentate dalla digitalizzazione, stanno spingendo le aziende in un contesto sempre più caotico. La riflessione e la ponderazione dei rischi sembrano essere superate dalla frenesia della velocità e dalla ricerca di atteggiamenti radicali. Il risultato? Un ambiente sempre più simile a una guerra civile latente, alimentata da fake news, polarizzazione e conflitti sociali. Il mondo digitale, pur portando innumerevoli vantaggi, ha anche favorito una regressione culturale e mentale, creando un sistema in cui i conflitti sono alimentati senza sosta. L’idea di "essere disruptive", dirompente e distruttiva, è diventata quasi una regola per affermarsi nel panorama sociale e professionale. Questo atteggiamento rischia di cancellare il valore della cultura, della scienza e del progresso, dando spazio invece a una cultura del nemico interno e a una crescente diffidenza. Questa diffidenza ha effetti devastanti, in particolare per le aziende. Le imprese, per prosperare, necessitano di fiducia, di relazioni stabili e di una visione orientata al futuro. Quando l'ambiente interno ed esterno diventa ostile e paranoico, la fiducia viene minata, creando un circolo vizioso che erode la capacità di collaborazione e di crescita.
La gestione dei rischi aziendali non può più prescindere dalla comprensione di questa realtà. Le business school, sempre più consapevoli di questo scenario, stanno integrando l’analisi del rischio politico nel loro curriculum. Gli eventi imprevedibili ci colpiscono senza preavviso, sono la realtà di oggi. Prepararsi a questi rischi è fondamentale. Non si tratta solo di avere piani di emergenza di business continuity, ma di integrare diverse competenze: dalla psicologia alla sociologia, dalla comunicazione alla tecnologia. È necessario avere una visione integrata, che comprenda anche la gestione delle dinamiche sociali e psicologiche all’interno dell’organizzazione. Senza una cultura organizzativa solida, che promuova la connessione, la condivisione e il servizio reciproco, un’azienda può finire per diventare vulnerabile, in uno stato di disfunzionalità permanente. Le radici di una cultura positiva vanno sviluppate prima dell’emergenza, affinché l’attaccamento all’azienda diventi un legame affettivo, che trasforma l’impresa in una comunità coesa e pronta a superare le difficoltà. Lavorare sul benessere organizzativo e sull’ingaggio delle persone diventa cruciale.