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Schemi mentali e pseudoproduttività: riprendere il controllo del tempo

Schemi mentali e pseudoproduttività: riprendere il controllo del tempo

29/10/25
Viviamo in un’epoca pseudoproduttiva in cui il lavoro è spesso sinonimo di fretta, connessioni continue e sovraccarico informativo. Sembra che la produttività sia misurata più dalla quantità di attività svolte che dal valore creato, più dal ritmo che dal risultato. In questo scenario, il rischio è scambiare l’essere occupati con l’essere efficaci. Ma fare tanto non significa fare bene. E nemmeno fare ciò che conta davvero.
La pseudoproduttività è quella condizione che ci vede sempre attivi: rispondiamo a mille stimoli, completiamo task su task, ma senza un reale avanzamento sui progetti strategici. Il tempo si frammenta, l’attenzione si consuma, la sensazione di affanno cresce. E spesso non riusciamo nemmeno a capire perché.
Dietro la pseudoproduttività ci sono spesso schemi mentali profondamente interiorizzati: l’idea che rispondere subito ai messaggi equivalga a essere efficienti, che dire “sì” a tutto significhi essere collaborativi, che non avere tempo per pensare sia un segno di impegno. Sono automatismi appresi, rinforzati da anni di cultura del “fare”, che ci spingono a riempire ogni spazio, ogni agenda, ogni giornata.
Per questo, oggi più che mai, serve riprendere in mano la qualità del nostro tempo. E un modo per farlo è riscoprire il valore del deep working: la capacità di lavorare in modo profondo, concentrato, senza distrazioni, su attività che richiedono davvero il meglio della nostra intelligenza.
Il deep working non è un lusso per pochi, ma una scelta intenzionale. Significa proteggere spazi di pensiero, trattarli come appuntamenti non negoziabili, ridurre le interruzioni sistemiche e creare le condizioni per una concentrazione vera. Significa anche portare alla luce quei copioni interni che ci fanno sentire in colpa quando ci fermiamo, o che ci spingono a riempire ogni vuoto.
Recuperare il tempo per pensare non è solo un gesto individuale, ma un atto di leadership. È riconoscere che la vera produttività non nasce dalla quantità, ma dalla qualità dell’energia che dedichiamo a ciò che conta. In questo senso, il tempo diventa lo specchio delle nostre priorità profonde: se non troviamo spazio per ciò che è strategico, forse non stiamo scegliendo davvero, ma solo reagendo.
Introdurre piccoli rituali di disconnessione, stabilire fine giornata più chiare, dare dignità alle pause sono gesti semplici che producono un impatto profondo. In un mondo che corre, scegliere di rallentare non è una debolezza ma un atto rivoluzionario.
Nelle organizzazioni che comprendono il valore dell’ecologia delle connessioni, le persone riscoprono la possibilità di lavorare con lucidità, presenza e impatto. Il vero valore del lavoro non sta in quanto riusciamo a fare, ma in ciò che riusciamo a trasformare.